Ferdinando Roselletti – curriculum vitae



Ferdinando Roselletti nasce a Perugia nel 1944 da madre perugina e da padre di lontane origini vicentine.

Un innato amore per la musica, un carattere schivo, individualista ed anticonformista; un inappagabile desiderio di sapere e una più che generosa attitudine a cogliere e memorizzare segmenti ritmici e suoni (orecchio assoluto e relativo) lo portano rapidamente, seppure per grandi linee, a conoscere culture e realtà musicali di altri tempi e di luoghi lontani.

La musica orientale, i modi greci, la monodia gregoriana, i gospel e le più recenti esperienze del jazz lo segneranno profondamente e costituiranno una cospicua riserva di materiale cui dedicherà, via via e con entusiasmo, le sue migliore attenzioni.

Autodidatta puro, dunque, suona giovanissimo il flauto e il contrabbasso in un noto Night Club locale, familiarizzando con un vasto repertorio commerciale prevalentemente nord-americano.

Iscritto al Conservatorio Morlacchi di Perugia nel 1960, frequenta con profitto la classe di contrabbasso di Lucio Buccarella (v. I Musici), ma per propria scelta decide di abbandonare gli studi non prima di aver conseguito i fondamentali tecnici e quelli della teoria musicale e del solfeggio; scelta non condivisa dalla famiglia né, tantomeno, dal M° Valentino Bucchi, allora direttore del Conservatorio che, affettuosamente, si attivò invano per dissuaderlo.

Nel 1965 incontra Bill Hoffmeister, pianista, compositore e direttore d’orchestra neozelandese che dimorerà a Perugia per alcuni anni, grazie al quale svilupperà la conoscenza delle procedure armoniche del XX secolo, dagli impressionisti alla dissoluzione tonale e affronterà, sotto il profilo psico-tecnico le impervie tematiche della “Improvvisazione”. Roman Vlad, alcuni anni più tardi, insegnante di composizione al Conservatorio Morlacchi. si chiedeva come un giovanotto di una piccola provincia (tale era in effetti Perugia) potesse conoscere a menadito l’Harmonielehre di Arnold Schoenberg e dissertare con disinvoltura sull’accordo del Tristano.

Intanto, nel 1966, conosce il compositore Carlo Alberto Rossi nella sua Casa discografica milanese CAR Juke Box in occasione della registrazione di un mediocre 45 giri che, nonostante tutto, ottiene un tale successo da rimanere nella top ten dei gradimenti per alcune settimane. Il disco è oggi ricercato da amatori e collezionisti disposti a procurarselo per diverse centinaia di Euro. L’esperienza milanese è comunque positiva perché lo introduce in una cerchia quasi esclusiva di musicisti tra cui Basso, Gaslini, Valdambrini, Tommasi ed altri, ai vertici del Jazz italiano del momento.

Seleziona e “riarmonizza” in chiave jazzistica innumerevoli brani dei più importanti compositori americani e brasiliani, raccogliendoli in una serie di quaderni (Real Book ante-litteram) nel tempo arricchiti con personali soluzioni alternative e annotazioni critiche.

Sollecitato dall’amico Fernando Grillo predispone un prontuario razionale ed esaustivo di accordi per chitarra, allora inusuale, riguardante le armonie più attinenti al linguaggio jazzistico che include le forme policordali, politonali e quarte miste.

Nello stesso periodo, presso la sede regionale Rai, come contrabbassista, è al fianco di Carlo Alberto Belloni nei commenti musicali della notissima trasmissione radiofonica domenicale “Qua e là per l’Umbria“.

Collabora nella realizzazione delle musiche delle più note e fortunate commedie musicali di Artemio Giovagnoni e G.Carlo Cutini.

Suona con i pianisti americani Teddy Wilson e Joe Albany che, in vario modo, portano con sé l’immagine e la sostanza di una musica leggendaria, il jazz, musica unica e affascinante ma non scevra, purtroppo, da aspetti inquietanti e drammatici. Saranno esperienze difficili, dure ma anche molto gratificanti.

Parla correntemente Inglese e Francese, si laurea in Economia e Commercio e, nello stesso anno 1971, adempie gli obblighi di leva congedandosi col grado di Sottotenente al “Nizza Cavalleria” di Pinerolo.

Iniziato da tempo e mai interrotto, continua con immutata passione lo studio di ciò che concerne il “voicing” ovvero tutto ciò che accade “verticalmente” in una partitura musicale, convinto che, ancor più che per linee melodiche nuove, è soltanto in virtù di una specifica disposizione verticale dei suoni che nasce e si sviluppa uno stile, un “sound”, un “timbro” per differenziarsi dagli altri. Non casuale la scelta delle fonti da cui attingere, trattandosi di autori del novecento, segnatamente le incisioni storiche di Big band americane che trascrive con grande attenzione. “Certosine” riferendosi alle trascrizioni, le chiamava esagerando Giancarlo Gazzani.

Nel 1973 è coofondatore della Perugia Big Band, “Stage Jazz Orchestra”  allora tra le poche stabili in Italia se non l’unica, che nacque con l’intento di riproporre melodie e arrangiamenti delle classiche orchestre americane dei passati decenni. Per tutti i particolari della pluridecennale vicenda dell’Orchestra si rimanda al volume “Jazz e non solo Jazz a Perugia e dintorni”. Dal 1986 ne assume la direzione artistica, ne arrichisce il repertorio con arrangiamenti propri cercando soprattutto di imprimere nuovi orientamenti stilistici.

Attratto dallo stile di A.Piazzolla, studia alcuni dei suoi 6 Etudes Tanguistiques originariamente per Flauto solo e li armonizza a cappella per a 4 o 5 voci reali da eseguire con formazioni vocali o complessi cameristici (Quartetto d’Archi o Quintetto di Woodwinds).

Dal Clavicembalo Ben Temperato di J.S.Bach, estrae la Fuga XVI e ne scrive un arrangiamento dapprima molto discreto per Ottoni cui fa seguito e si oppone una formazione di Archi che disarticola la struttura e produce sempre maggiori dissonanze fino alla fine in cui, in omaggio al supremo Compositore, l’ordine si ricompone e riecheggiano solenni, a monito, le note iniziali della fuga. (http://www.rainbowclassical.com/COMPOSERS/Composers%20R.htm)

Nel 2005, alla chitarra classica, è insieme all’amico Ciro Scarponi in uno speciale recital presso il teatro del Casinò di Montecarlo per presentare in modo del tutto originale un repertorio interamente dedicato ai classici della Musica Napoletana.

Nel 2008 frequenta un corso di Canto Gregoriano tenuto da Anselmo Susca. Breve, ma molto intenso, tratta dei suoni nelle scale e nei modi, di accentuazione ritmica, di repertorio, dell’interpretazione vocale e della sua simbologia.

Nel 2010 porta a termine uno studio cominciato nel periodo universitario riguardante le scale eptafoniche. Grazie all’impiego di formule combinatorie, il lavoro presenta ordinatamente 66 scale di 7 suoni sui 12 disponibili della scala temperata (ovvero 462 se si considerano i 7 modi di ciascuna) che si offrono come nuovo materiale melodico/armonico, ricco di spunti per composizioni contemporanee. Uno studio analogo riguarda le scale pentatoniche, in fase di elaborazione.

Nel 2013, esattamente 40 anni dopo, viene formalmente ricostituita la Perugia Big Band grazie a sforzi organizzativi non irrilevanti e al rinnovato entusiasmo di una rosa di eccellenze tra le più accreditate nel panorama jazzistico locale e non solo, con l’intento di conseguire risultati artistici di più grande portata ed onorare il Capoluogo umbro di una stabile “Stage Jazz Orchestra” quanto e come essa deve meritare.

Attualmente ne è Presidente e Direttore artistico.